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Scuola di Aikido affiliata all'associazione di cultura tradizionale giapponese

Aikikai d'Italia

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Simbolismi nell'Aikido


La pratica dell’Aikido non è solo conoscere la sue tecniche, che sono necessarie per lo sviluppo armonico delle nostre azioni ma anche l'approfondimento di tutti i sui aspetti, assimilando quindi anche i suoi simbolismi, per capire come e dove quest’arte vuole condurci.


Abbiamo qui tratto dalla rete stralci che riteniamo validi e che proponiamo organizzati qui, a disposizione di coloro che vogliano condividere il nostro pensiero.


Cintura


Qualcuno si sarà talvolta domandato  quale sia il vero significato della cintura e cosa rappresenti. Comunemente (e aggiungerei - in particolare in Occidente) la stessa è intesa come il grado di conoscenza tecnica acquisita in quest’arte. Non è mai considerata invece come la sommatoria della tecnica, della condotta, dell’equilibrio, della preparazione filosofica e della morale dell’individuo che la indossa, nonché della sua progressione permanente e continua verso la conoscenza. La cintura è innanzi tutto un capo di vestiario che serve a tenere ben stretta la giacca dei kimono. I rapidi movimenti di rotazione e spostamento previsti nell’Aikido mal si combinerebbero con un abbigliamento troppo largo e disordinato. La cintura è inoltre utilizzata per centrare la quadratura del corpo. È indossata più in basso dei fianchi, affinchè il nodo corrisponda alla metà del “tanden” (bacino), in prossimità dell’hara, il centro delia vita, nella concezione filosofica orientale.

Simbolicamente la cintura è invece considerata come l’Io individuale, cioè quel processo che si sviluppa gradualmente con la maturazione soggettiva, con l’esperienza.

Il nodo della cintura rappresenta la nostra decisione di proseguire verso la conoscenza materiale prima e spirituale poi, per arrivare all’armonia con il cosmo.

I due estremi del nodo sono, in aikido, posti verso il basso a significare la flessibilità di quest’arte.


Hakama

Questa gonna-pantalone che il samurai indossava particolarmente quando si esercitava e che è poi diventata un costume tradizionale, ha un particolare significato. Innanzi tutto non era solo nera ma dei più svariati colori. Questo era dovuto al fatto che il Daimyo, il signore per il quale lavorava e per il quale dava anche la vita, elargiva un salario molto basso, sufficiente appena a cibarsi. Armi, protezioni varie ed indumenti erano così sottratti al nemico vinto ed utilizzati come propri.

Nei Dojo si utilizzano oggi, generalmente, blu scuro e nero dal 1° Dan ( talvolta di colore bianco per i Kyu in particolare per le donne). La maggiore parte dei Dojo utilizzano tuttavia solo le nere per gli Yudansha.

L’hakama, come sanno coloro che praticano Aikido, ha delle pieghe sia davanti (6) che dietro (2). Secondo una tradizione taoista, esse rappresentano gli otto venti della terra, le otto regioni concrete dello spazio, gli otto movimenti direzionali fondamentali “happo undo” nonché gli otto punti considerati vitali del corpo umano (la base del naso, il plesso solare, lo sterno, la terza vertebra cervicale, la settima dorsale e la quarta lombare, tutte non protette da grosse fasce muscolari, la carotide con la vena giugulare, la zona ipogastrica e quella genitale.). Zone tutte che se colpite con atemi di particolare forza ed inclinazione provocano il decesso.

Alcuni studiosi orientali hanno voluto dare un altro significato alle pieghe dell’hakama, raggruppandole in 5 anteriori (la sovrapposta centrale è considerata una) e due posteriori. Questo per ricollegare il tutto agli elementi in cui è diviso il mondo nella filosofia buddista e taoista: terra, acqua, fuoco, legno e metallo. Questi, per effetto di una volontà eterna e senza tempo, interagiscono nello spazio (cielo,aria) per effetto dei calore (sole, luce). Cosicché si ha che il fuoco è spento dall’acqua, la quale è assorbita dalla terra, che alimenta il bosco, che è distrutto dal metallo, che è fuso dal fuoco.

Anche l’hakama ha un nodo particolare che viene posto al centro del basso venere a simboleggiare il punto del “Ki“,  energia che tutti noi abbiamo, difficile da localizzare e da esternare, ma che esiste e si può canalizzare.


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